Montanari Family

Montanari Family
Robby, Manu, Tata, Pissi, Pepe, Oscar, Giorgio

venerdì 27 gennaio 2012

La nostra generazione è ancora una generazione fortunata. Siamo fortunati perchè, in modo indiretto, conosciamo la guerra. No signori, non sono uscita di senno. Ho solo le mie convinzioni. E credo fermamente che la guerra sia l'atto più assurdo e atroce che l'uomo possa compiere verso se stesso e verso i suoi simili. E credo altrettanto fermamente che, come disse Edmund Burke, "chi non conosce la storia è destinato a ripeterla".
Per questo siamo fortunati, perchè l'orrore ci è stato raccontato da chi l'hai visto con i propri occhi, e certi racconti non li puoi dimenticare. Non ti lasciano dubbi. Caso mai domande. Domande che non avranno forse mai una risposta, ma almeno ti costringono a guardare la realtà dei fatti. Non è permesso nascondere la testa sotto la sabbia.
Credo che in ogni famiglia ci sia una storia personale sull'ultimo conflitto mondiale. I nostri nonni lo hanno vissuto e ce lo hanno raccontato. Quelle storie sono parte del nostro retaggio. Noi sappiamo. E' successo. E potrebbe anche succedere di nuovo. Se non stiamo attenti. Se non ricordiamo.
Per questo esiste la Giornata della Memoria, per ricordare sempre. Per insegnare alle generazioni che verranno che certe cose non sono solo racconti lontani, di un tempo passato che pare Preistoria.



Mio zio è stato in campo di concentramento. A Mauthausen. Ci sono stata una volta; avrò avuto 10 anni. Non l'ho mai dimenticato.
Non era ebreo, era un partigiano. Lo misero nelle squadre di lavoro, nel bosco ad abbattere alberi. Fu fortunato. Aveva ancora abbastanza forze e, mentre già stavano arrivando gli alleati e i tedeschi fuggivano in preda al panico, ruppe la catena che lo teneva prigioniero con l'ascia e fuggì per i boschi. Non ho mai saputo come fece a tornare a casa. Non ne parlava mai.
Anche il fratello di mia nonna finì in campo di concentramento. Anche lui era partigiano. Ci rimase più a lungo, ma riuscì a sopravvivere fino alla liberazione. Quando tornò a casa gli davano da mangiare pesato: un cucchiaio di cibo al giorno. Una quantità maggiore gli causava atroci sofferenze. Anche lui non ne parlava mai.

Quando penso a loro e a tutte quelle anime che la follia dell'uomo ha privato dell'esistenza terrena, allora so con chiarezza che tutti noi abbiamo il dovere di non dimenticare. E dobbiamo insegnare la storia ai nostri ragazzi ed ai ragazzi che saranno, perchè dal sapere comincia la rinascita. Dalla presa di coscienza verrà la spinta a non ripetere più gli stessi errori.
Perchè, signori, si comincia dal bruciare i libri in piazza e si può poi finire a bruciare uomini, donne e bambini nei forni.

"Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d' inverno
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca
I vostri nati torcano il viso da voi"


Se questo è un uomo - Primo Levi













1 commento: